L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha elaborato nel 2001 uno
strumento di classificazione che analizza e descrive la disabilità
come esperienza umana che tutti possono sperimentare. Tale
strumento, denominato ICF, propone un approccio all’individuo
normodotato e diversamente abile dalla portata innovativa e
multidisciplinare.
Con il presente articolo si vogliono delineare le principali
caratteristiche relative alle classificazioni che hanno preceduto l’ICF,
analizzando gli aspetti innovativi della stessa. Tale strumento,
poco conosciuto e utilizzato in ambito educativo, rappresenta una
fonte importante di analisi relativa al mondo della disabilità.***
Le Classificazioni
Internazionali elaborate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità:
ICD e ICIDH
A partire dalla seconda metà del secolo scorso l’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS) ha elaborato differenti strumenti di
classificazione inerenti l’osservazione e l’analisi delle patologie
organiche, psichiche e comportamentali delle popolazioni, al fine di
migliorare la qualità della diagnosi di tali patologie.
La prima classificazione elaborata dall’OMS, “La Classificazione
Internazionale delle malattie” (ICD, 1970) risponde
all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni
sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche
cliniche ed indicazioni diagnostiche. L’ICD si delinea quindi come
una classificazione causale, focalizzando l’attenzione sull’aspetto
eziologico della patologia. Le diagnosi delle malattie vengono
tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione,
la ricerca e l’analisi dei dati.
EZIOLOGIA --> PATOLOGIA --> MANIFESTAZIONE CLINICA
L’ICD
rivela ben presto vari limiti di applicazione e ciò induce l’OMS ad
elaborare un nuovo manuale di classificazione, in grado di
focalizzare l’attenzione non solo sulla causa delle patologie, ma
anche sulle loro conseguenze: “la Classificazione Internazionale
delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap” (ICIDH,
1980). L’ICIDH non coglie la causa della patologia, ma l’importanza
e l’influenza che il contesto ambientale esercita sullo stato di
salute delle popolazioni. Con l’ICIDH non si parte più dal concetto
di malattia inteso come menomazione, ma dal concetto di salute,
inteso come benessere fisico, mentale, relazionale e sociale
che riguarda l’individuo, la sua globalità e l’interazione con
l’ambiente.
L’OMS dichiara l’importanza di utilizzare l’ICD (in Italia si fa
riferimento alla versione 10 del 1992) e l’ICIDH in modo
complementare, favorendo l’analisi e la comprensione delle
condizioni di salute dell’individuo in una prospettiva più ampia, in
quanto i dati eziologici vengono integrati dall’analisi dell’impatto
che quella patologia può avere sull’individuo e sul contesto
ambientale in cui è inserito.
L’ICIDH
è caratterizzato da tre componenti fondamentali, attraverso le quali
vengono analizzate a valutate le conseguenze delle malattie:
- la menomazione, come danno organico e/o funzionale;
- la disabilità, come perdita di capacità operative
subentrate nella persona a causa della menomazione;
- svantaggio (handicap), come difficoltà che l’individuo
incontra nell’ambiente circostante a causa della menomazione.
MALATTIA O DISTURBO --> MENOMAZIONI --> DISABILITA’ --> HANDICAP
La
presenza di limiti concettuali insiti nella classificazione ICIDH ha
portato l’OMS ad elaborare un’ulteriore strumento, “La
Classificazione Internazionale del funzionamento e delle disabilità"
(ICIDH-2, 1999), che rappresenta l’embrione del modello concettuale
che sarà sviluppato nell’ultima classificazione dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità: “La Classificazione Internazionale del
funzionamento,disabilità e salute (ICF, 2001).
La Classificazione Internazionale del Funzionamento,
Disabilità e Salute (ICF, 2001)
Il 22
maggio 2001 L’Organizzazione Mondiale della Sanità perviene alla
stesura di uno strumento di classificazione innovativo,
multidisciplinare e dall’approccio universale: “La Classificazione
Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”,
denominato ICF.
All’elaborazione di tale classificazione hanno partecipato 192
governi che compongono l’Assemblea Mondiale della Sanità, tra cui
l’Italia, che ha offerto un significativo contributo tramite una
rete collaborativa informale denominata Disability Italian Network
(DIN), costituita da 25 centri dislocati sul territorio nazionale e
coordinata dall’Agenzia regionale della Sanità del Friuli Venezia
Giulia. Scopo principale del DIN risulta essere la diffusione degli
strumenti elaborati dall’OMS e la formazione di operatori che si
occupano di inserimento lavorativo dei diversamente abili, in
collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche
Sociali.
Cos’è l’ICF
L’ICF si delinea come una classificazione che vuole descrivere lo
stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti
esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le
difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono
causare disabilità.
Tramite l’ICF si vuole quindi descrivere non le persone, ma le loro
situazioni di vita quotidiana in relazione al loro contesto
ambientale e sottolineare l’individuo non solo come persona avente
malattie o disabilità, ma soprattutto evidenziarne l’unicità e la
globalità.
Lo strumento descrive tali situazioni adottando un linguaggio
standard ed unificato, cercando di evitare fraintendimenti semantici
e facilitando la comunicazione fra i vari utilizzatori in tutto il
mondo.
Aspetti innovativi della classificazione ICF
Il primo aspetto innovativo della classificazione emerge chiaramente
nel titolo della stessa. A differenza delle precedenti
classificazioni (ICD e ICIDH), dove veniva dato ampio spazio alla
descrizione delle malattie dell’individuo, ricorrendo a termini
quali malattia, menomazione ed handicap (usati prevalentemente in
accezione negativa, con riferimento a situazioni di deficit)
nell’ultima classificazione l’OMS fa riferimento a termini che
analizzano la salute dell’individuo in chiave positiva
(funzionamento e salute).
L’ICF vuole fornire un’ampia analisi dello stato di salute degli
individui ponendo la correlazione fra salute e ambiente, arrivando
alla definizione di disabilità, intesa come una condizione di salute
in un ambiente sfavorevole.
L’analisi delle varie dimensioni esistenziali dell’individuo porta a
evidenziare non solo come le persone convivono con la loro
patologia, ma anche cosa è possibile fare per migliorare la qualità
della loro vita.
Il
concetto di disabilità introduce ulteriori elementi che evidenziano
la valenza innovativa della classificazione:
- universalismo;
- approccio integrato;
- modello multidimensionale del funzionamento e della disabilità.
L’applicazione universale dell’ICF emerge nella misura in cui la
disabilità non viene considerata un problema di un gruppo
minoritario all’interno di una comunità, ma un’esperienza che tutti,
nell’arco della vita, possono sperimentare. L’OMS, attraverso l’ICF,
propone un modello di disabilità universale, applicabile a
qualsiasi persona, normodotata o diversamente abile.
L’approccio integrato della classificazione si esprime
tramite l’analisi dettagliata di tutte le dimensioni esistenziali
dell’individuo, poste sullo stesso piano, senza distinzioni sulle
possibili cause.
Il concetto di disabilità preso in considerazione
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità vuole evidenziare non i
deficit e gli handicap che rendono precarie le condizioni di vita
delle persone, ma vuole essere un concetto inserito in un
continuum multidimensionale. Ognuno di noi può trovarsi in un
contesto ambientale precario e ciò può causare disabilità. E’ in
tale ambito che l’ICF si pone come classificatore della salute,
prendendo in considerazione gli aspetti sociali della disabilità:
se, ad esempio, una persona ha difficoltà in ambito lavorativo, ha
poca importanza se la causa del suo disagio è di natura fisica,
psichica o sensoriale. Ciò che importa è intervenire sul contesto
sociale costruendo reti di servizi significativi che riducano la
disabilità.
Scopi dell’ICF
L’ICF, adottando approcci di tipo universale e multidisciplinare,
può essere utilizzata in discipline e settori diversi.
I suoi scopi principali sono:
-
fornire una base scientifica per la comprensione e lo studio della
salute, delle condizioni, conseguenze e cause determinanti ad essa
correlate;
- stabilire un linguaggio standard ed univoco per la descrizione
della salute delle popolazioni allo scopo di migliorare la
comunicazione fra i diversi utlizzatori, tra cui operatori sanitari,
ricercatori, esponenti politici e la popolazione, incluse le persone
con disabilità;
- rendere possibile il confronto fra i dati relativi allo stato di
salute delle popolazioni raccolti in Paesi diversi in momenti
differenti;
- fornire uno schema di codifica sistematico per i sistemi
informativi sanitari.
L’utilizzazione dell’ICF non solo consente di reperire informazioni
sulla mortalità delle popolazioni, sulla morbilità, sugli esiti non
fatali delle malattie e di comparare dati sulle condizioni di salute
di una popolazione in momenti diversi e tra differenti popolazioni,
ma anche di favorire interventi in campo socio-sanitario in grado di
migliorare la qualità della vita delle persone.
A tal proposito, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,
tramite l’opera di diffusione dell’ICF portata avanti dal Disability
Italian Network (DIN), si propone di coordinare i sistemi nazionali
e regionali, al fine di sperimentare metodologie uniformi per avere
un’analisi dettagliata della disabilità in Italia.
Struttura dell’ICF
Le informazioni raccolte dall’ICF descrivono situazioni relative al
funzionamento umano e alle sue restrizioni. La classificazione
organizza queste informazioni in due parti, in modo interrelato e
facilmente accessibile.
La prima parte si occupa di Funzionamento e Disabilità, mentre la
seconda riguarda i Fattori Contestuali. La prima parte è costituita
dalla componente Corpo, che comprende due classificazioni, una per
le Strutture Corporee e una per le Funzioni Corporee e dalla
componente Attività e Partecipazione, che comprende l’insieme delle
capacità del soggetto in relazione allo svolgimento di un
determinato compito nell’ambiente circostante.
Ogni componente viene codificata facendo riferimento a codici
alfanumerici e a qualificatori che denotano l’estensione o la
gravità delle menomazioni a carico delle funzioni e strutture
corporee e delle capacità del soggetto nell’eseguire determinati
compiti.
Le componenti sopra elencate vengono influenzate dai fattori
ambientali, che comprendono l’ambiente fisico, sociale e degli
atteggiamenti in cui le persone vivono e conducono la loro
esistenza. Questi fattori possono infatti avere un’influenza
positiva o negativa sulla partecipazione dell’individuo come membro
della società, sulle capacità dello stesso di eseguire compiti, sul
suo funzionamento o struttura del corpo.
I fattori personali (sesso, razza, fattori socio-economici, età,
stile di vita, educazione ricevuta, ecc.) non vengono classificati
nell’ICF a causa della loro grande variabilità culturale e sociale.
La
classificazione ICF, tramite l’analisi delle varie componenti che la
caratterizzano, evidenzia l’importanza di avvicinarsi alla
disabilità facendo riferimento ai molteplici aspetti che la denotano
come esperienza umana universale, che tutti possono vivere nell’arco
della loro esistenza.
La disabilità non è solo deficit, mancanza, privazione a livello
organico o psichico, ma è una condizione che va oltre la
limitazione, che supera le barriere mentali ed architettoniche.
Disabilità è una condizione universale e pertanto non è applicabile
solo alla persona che si trova su una carrozzina, che non vede o non
sente. L’ICF sottolinea l’importanza di valutare l’influenza
dell’ambiente sulla vita degli individui: la società, la famiglia,
il contesto lavorativo possono influenzare lo stato di salute,
diminuire le nostre capacità di svolgere mansioni che ci vengono
richieste e porci in una situazione di difficoltà.
L’ICF propone quindi un’analisi dettagliata delle possibili
conseguenze sociali della disabilità avvicinandosi con umanità e
rispetto alla condizione disabile.
di
Federica Ferraresi
***
L’interesse relativo alla classificazione ICF è emerso durante un
corso tenuto circa due anni fa, presso l' USP di Caserta dal
Direttore dell'APA, prof. Giovanni Chirico. Tale classificazione è
tornata alla ribalta in quanto in questi giorni il MIUR ha emanato
un Bando per la Partecipazione delle Scuole ad un "Progetto di
intervento" secondo le direttive dell'ICF, appunto.
Quindi
sono convinta che quello che due anni fa si voleva fare a Caserta, e
che purtroppo non ha avuto un ulteriore prosieguo per mancanza di
fondi, lo si stia cercando di fare a livello nazionale e che
ben presto passerà a regime in tutte le scuole.
Per
questo motivo oggi sono andata a spulciare di qua e di là e mi sono
imbattuta in questa chiara esposizione. Giusto per dare un idea di
cosa sia l'ICF e per iniziare a parlarne in linee generali. [Angela
Santoro]
RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI
- OMS,
Decima Revisione della Classificazione Internazionale delle
sindromi e dei disturbi psichici e comportamentali (ICD-10),
Masson, Milano, 1992.
- OMS, Classificazione Internazionale delle menomazioni,
disabilità e degli handicap (ICIDH), Cles, 1980.
- OMS, Classificazione Internazionale del funzionamento e delle
disabilità, ICIDH-2, Bozza Beta-2, versione integrale, Erickson,
Trento, 1999.
- OMS, Classificazione internazionale del Funzionamento, della
Disabilità e della Salute (ICF), Erickson, Trento, 2001.
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